Un pranzo per farci (ri)conoscere

“Siamo l’anima della città”: Abele è tra i 600 operai che hanno preso parte al pranzo organizzato anche quest’anno dal Festival della Partecipazione.

E come dargli torto? A ormai otto anni dal sisma del 2009 L’Aquila inizia a riconquistare il suo vitale entusiasmo: i palazzi del centro storico ospitano eventi e le persone sembrano passeggiare serene lungo il Corso. È al lavoro degli operai che dobbiamo tutto questo.

Sotto l’ombra del Parco del Castello, l’associazione della chiocciola, Slow Food, insieme alle tante osterie che si sono offerte di preparare teglie di cibo caldo, ha preparato questo momento di condivisione ed il gustoso menù a base di pasta al forno, pasta fredda, agnello, pecora, frittate e frutta fresca.

Slow Food si occupa da anni di promuovere la spesa responsabile ed il commercio a kilometro zero. “Buono, pulito e giusto” è il motto dell’associazione fondata nel 1986 dal gastronomo e attivista Carlo Petrini, che propone un’alternativa sana e sostenibile al fast food.

Coloro che avevano partecipato anche lo scorso anno confermano la buona riuscita dell’evento e dichiarano di aver percepito “maggiore organizzazione”.

Un pranzo per conoscersi e conoscere: se la ricostruzione materiale è il fondamentale punto di partenza per la rinascita di questa città, è pur vero che da sola non basta. Dobbiamo impegnarci a ricostruire quei tessuti sociali grazie ai quali le persone possano sentirsi cittadini attivi e partecipi, prima ancora che residenti.

Tra un piatto e l’altro si ride, si scherza, ci si racconta. Vastissima è la moltitudine delle esperienze di chi vive il cantiere: c’è chi lavora qui da anni, chi è appena arrivato, chi ha voluto tornare. Vi è un elemento, però, in grado di accomunare tutte le storie: il desiderio di ricostruire e di ricostruirsi.

Qualcuno, più nostalgico, ricorda le lotte della classe operaia di qualche decennio fa, inneggia a quell’orgoglio proletario cantato da Guccini o da De Andrè. Parlano di sindacati e di giustizia sociale i tanti volti scavati dalle fatiche del lavoro. In molti di loro c’è ,un velo amaro, quasi mesto. Qualcuno è molto stanco, qualcun altro non si sente abbastanza tutelato; possono essere tante le ragioni di quel macigno di preoccupazioni che indurisce i tratti dei tanti volti.

La possibilità di confrontarsi però, l’occasione di riunirsi nella tranquilla sosta di un pranzo dà modo a ciascuno di aprirsi, di scoprire che sulla stessa barca di insicurezze e preoccupazioni si trovano in molti.

È proprio questa aggregazione che spinge a considerare il pranzo di oggi molto più che un pranzo: non è solo la consumazione di un pasto gustoso che ognuno compie abbandonandosi a pensare ai propri guai ma la creazione di un’atmosfera che nutre le idee, adatta al proliferare di pensieri ottimisti e creativi.

L’ora del pranzo termina e dopo la pausa ricreativa bisogna tornare a lavoro: c’è così tanto ancora da fare… Così, senza troppi fastidi, ognuno è tornato al proprio cantiere ma forse, adesso, con il cuore più leggero.

Silvia Cercarelli