La rete femminile della consapevolezza

Il Festival della Partecipazione 2017 apre le porte di Palazzo Fibbioni al pubblico con un incontro all’insegna dell’attivismo e del femminismo.

A tagliare il nastro di partenza Beatrice Costa, capodipartimento dei programmi ActionAid Italia, che ha introdotto la necessità di connettere luoghi diversi per la partecipazione al femminile. Giulia D’Aguanno, coordinatrice locale del Progetto After, ha sottolineato come dalle MGF (Mutilazioni dei Genitali Femminili) si possa arrivare a parlare delle relazioni tra uomini e donne o tra diverse generazioni, nonché di sessualità e tutela della salute della donna. La prima parte dell’incontro ha fatto incrociare voci internazionali: Scholastica Haule, attivista di ActionAid da più di 8 anni; Sarah Mwaga, da più di 20 anni all’interno dell’associazione africana AFNET e Rahel Mbalai, ex ngariba (tagliatrice) e attivista contro la pratica delle mutilazioni dal 2004.

“Stiamo rendendo la violenza una cosa normale”, ha esordito Scholastica. “In Africa, o almeno in Tanzania, sono poche le donne che denunciano perché, quando lo fanno, si sentono dire che non rispettano la cultura, o che porteranno alla distruzione del nucleo familiare nel caso il problema si trovi all’interno delle mura domestiche. Inoltre, le donne non sono al corrente del fatto che ci sono davvero delle leggi che le proteggono e tutelano”. Alla domanda su quali possano essere ulteriori complicazioni che portano le donne a non denunciare l’abuso, Scholastica ha risposto: “Oltre alla corruzione e al fatto che, vivendo più del 70% delle persone in Tanzania in zone rurali, è difficile trovare un avvocato, un problema è quello che, nonostante il primo grado e la corte siano in swahili, le sentenze sono sempre in inglese, lingua che molte donne non capiscono. Assumere un traduttore diventerebbe troppo costoso, e questa consapevolezza porta le donne a rinunciare ai loro diritti, perché non potrebbero permetterseli”.

Sarah Mwaga ha detto con fierezza che, nonostante tutto, alla causa dell’AFNET si sono unite più di 600 ex ngariba come Rahel Mbalai, che ora aiutano l’associazione ad andare nelle scuole e nei college per parlare delle MGF e far capire a bambini e ragazzi che le ragazze possono dire di no a queste mutilazioni e, se lo fanno, i ragazzi devono supportarle nelle loro scelta. Il lavoro dell’AFNET con il governo e con gli esponenti religiosi sul suolo tanzaniano ha già portato i suoi frutti: il governo ha istituito un piccolo fondo per premiare le ngariba che decidono di rinunciare al loro lavoro, e gli esponenti religiosi, cristiani e musulmani allo stesso modo, hanno ammesso che le MGF non hanno niente a che fare con le credenze religiose. Per Rahel il suo lavoro da ngariba era più di un lavoro: era un divertimento, un modo di guadagnare facile e spesso soddisfacente. Ha iniziato a rendersi conto di quello che aveva fatto, del sangue che aveva sulle mani, solo dopo aver incontrato gli attivisti di Afnet che le hanno mostrato il legame tra le sue operazioni ed i successivi problemi di salute delle altre donne: oggi Rahel ha lasciato tutto per darsi all’attivismo e cominciare ad insegnare nelle scuole, lasciando la sua testimonianza.

L’Afnet, il progetto After e ActionAid sono fiduciosi, e credono di poter, un giorno, sradicare la pratica delle mutilazioni, già illegale e punita in molti Stati, e rendere più accessibile la giustizia per le donne. “Non ci sono differenze tra di noi” ha concluso Rahel “quindi vi prego di restare uniti contro questa problematica e quelle che verranno in futuro”.

Dopo di loro sono intervenute, per parlare delle problematiche delle braccianti, Maria Carmela Macrì del CREA, Maria Ludovica Bottarelli della lobby europea delle donne, la psicologa di comunità Annarita del Vecchio, Orietta Paciucci del Centro Antiviolenza di L’Aquila e Pasquale Bonasora, in rappresentanza di Labsus, impegnata nel progetto Cambia Terra con la definizione del Patto collaborativo tra braccianti, Comune di Adelfia (BA), comunità locale e ActionAid per la strutturazione di una rete di protezione sociale delle braccianti mediante innovazione dei sevizi di conciliazione vita-lavoro

Dopo aver sentito Annarita Del Vecchio parlare dell’Agrilab, progetto finalizzato all’analisi dei bisogni delle braccianti e alla costruzione di una risposta collettiva, Maria Carmela Macrì ha spinto la difficoltà delle donne ad adattarsi alla civiltà, definita “patriarcale” da Maria Ludovica Bottarelli, oltre la semplice area rurale, perché “le donne si trovano a tener fronte a più complicazioni degli uomini in generale, non solo nelle aree rurali, non solo se sono braccianti“, presentando in poche parole il libro “Singolare, femminile, rurale”, stampabile da Internet.

L’incontro finisce con l’intervento, apprezzatissimo, di Pasquale Bonasora: “Voi donne non dovete “allargare le fette di torta” in cui sono divisi il governo e il potere. Voi potete modificare l’idea stessa di potere, e sostituirla con i concetti di responsabilità e fiducia“.

Vera Lazzaro