Partecipare per «uscire dalla palude dell’indifferenza». Al Festival della Partecipazione Carlo Petrini e Don Luigi Ciotti cercano la via del cambiamento.

«Vedo questo fiorire di cantieri e mi dicono che oltre metà degli operai non sono italiani e nemmeno abruzzesi. Vogliamo dire ad alta voce che sono nostri fratelli?». Così finalmente abbiamo aperto il Festival della Partecipazione, con Carlo Petrini e Don Ciotti che discutono di migranti, di ciò che sta succedendo nel nostro Paese in questi giorni, di memoria e di tradizioni che sembriamo aver dimenticato.

Don Ciotti

«Il nostro popolo deve avere memoria di quello che è stato, dell’esodo che ha contraddistinto milioni di italiani per più di un secolo. Quelle scene sono le stesse che si vedono oggi a Lampedusa e in Grecia, sono quelle vissute dai nostri nonni. E proprio questo Paese caratterizzato da una migrazione costante ora compie gesti ignobili come quello di due giorni fa. Come possiamo non avere più memoria?», si e ci chiede Petrini.

Carlo Petrini

«Non basta condannare la violenza ma serve bonificare le paludi dell’indifferenza e dell’egoismo. C’è un deserto culturale davanti al quale siamo obbligati a confrontarci: non basta commuoversi, bisogna muoversi». Forti le parole di Don Ciotti, molto emozionato dai recenti eventi che hanno sconvolto la cittadina di Fermo e scosso le coscienze di tutti. E allora come possiamo cambiare le cose? Come possiamo “partecipare” per rendere migliore questa nostra società? La risposta è apparentemente immediata e sta nell’istruzione e nella conoscenza.

Don Ciotti e Carlo Petrini

«C’è una sfida culturale necessaria per intraprendere la via maestra del cambiamento per lasciarci alle spalle indifferenza e per non avere pregiudizi. Se non stimoliamo la cultura non potremo sconfiggere questa violenza. Abbiamo bisogno di partecipazione, che poi significa proprio azione», continua Don Ciotti. E poi basta guardarsi intorno qui in questa piazza Duomo, ai mille cantieri in cui si lavora continuamente per restituire alla vita un’intera comunità, perché come ricorda Carlo, «è fondamentale che la città mantenga nei piani bassi gli artigiani, i negozietti di verdura, le attività umili, perché assieme alle pietre sono le persone che fanno il centro storico». Perché i cittadini aquilani sentono la partecipazione, aspettano la riapertura dei loro negozi in centro, del ciabattino che non c’è più, del panettiere che non riuscirà a tornare perché nel frattempo gli affitti sono più che raddoppiati. Perché in questi interminabili 7 anni i giovani non hanno imparato a conoscere la città, si ritrovano nei centri commerciali e non hanno punti di riferimento. Ed è per questo che Don Ciotti e Petrini chiedono a tutti un gran coraggio: il coraggio di accogliere i migranti che arrivano sulle nostre coste spinti da guerre ma anche dalle conseguenze dei cambiamenti climatici e dal land grabbing. Coraggio di ricominciare, di partecipare, di lottare contro caporalato e ingiustizie, contro sfruttamento e disinformazione. Di non mollare la presa. Coraggio di non cedere alla rassegnazione, ma non indugiare all’indignazione. «La strada è in salita, ma il nostro impegno è dare speranza a chi speranza non ce l’ha».