Lo smart food che porta buoni frutti

In una mano un cellulare vecchio modello, nell’altra uno smartphone: ieri mattina Francesco di Iacovo, docente all’università di Pisa ha mostrato in modo plastico la differenza tra il “food” e lo “smartfood”.

Il “cibo intelligente” è stato al centro dell’incontro “La community ‘I buoni frutti’ per l’agricoltura sociale” promosso da Slow Food con la partecipazione dell’Agenzia Italiana per la Campagna e l’Agricoltura Responsabile ed Etica e di alcuni testimoni di imprese agricole che coproducono nel rispetto della dignità della persona.

Il cibo intelligente è quello che genera non solo guadagno monetario al venditore ma opportunità sociali all’interno di tutti gli anelli della filiera: hanno raccontato la loro esperienza nel cortile di palazzo Ciolina tre donne che, ha sottolineato la vicepresidente di Slow Food Francesca Rocchi, “rappresentano l’anima femminile legata alla terra”. Le tre responsabili delle cooperative agricole in Piemonte, Lazio ed Abruzzo hanno descritto vantaggi e svantaggi delle proprie attività, dimostrando tutte grande caparbietà e amore nei confronti del proprio mestiere.

Nell’esperienza piemontese di Agricoopecetto, tra laboratori di cucina e corsi di orto-terapia sono stati coinvolti anche ragazzi con disagi psichici: hanno messo a disposizione la loro differente abilità, formati dal gestore dell’azienda che si è messo in gioco e assistiti da enti come l’ Asl. Un modo di fare agricoltura che ha fatto ricevere ai ragazzi maggiori stimoli, opportunità di socializzazione, che migliorano la qualità della vita.

In Lazio, la responsabile della fattoria biologica “La Sonnina” ha dichiarato di fare “ormai dal 1999 dell’agricoltura sociale senza saperlo”: l’azienda ha collaborato con studenti, rifugiati politici e persone con disagi psichici dal Distretto di Salute Mentale di Palestrina (Ro). All’insegna dell’inclusione sociale, grazie alla coopeazione con la onlus Bambini Più Diritti, è andata incontro ai ragazzi neodiciottenni espulsi delle case-famiglia ed ha offerto loro un’opportunità di professionalizzazione.

“Nel contesto aquilano ogni attività è sociale” ha evidenziato la rappresentante delle imprese agricole “La Porta di Parchi”. In questo caso, gli anziani del paese si sono offerti per continuare a svolgere le attività agricole, supportati dall’innovazione e dall’entusiasmo della cooperativa. In difesa delle microattività e delle microeconomie, circa venti anni fa, da questa esperienza è nata la campagna “Adotta una pecora, difendi la natura” ed in seguito il progetto della transumanza, con cui la cooperativa ha incrementato le opportunità di lavoro all’interno del paese ed ha fornito clienti alle piccole attività locali attraverso il turismo.

E’ grazie a queste donne e per i loro progetti che nascono “i Buoni Frutti”, marchio e sistema di franchising per l’agricoltura sociale: un attività privata che ha benefici nell’ambito pubblico. I prodotti “Buoni Frutti” possono oggi godere del marchio che li differenzia e li rende riconoscibili agli occhi dell’acquirente che pratica la spesa responsabile.

Silvia Cercarelli