Libere di partecipare davvero

“Quante volte la partecipazione delle donne ha cambiato la storia e l’organizzazione della civiltà?” ha chiesto Cecilia D’Elia, esperta di politiche di genere, in apertura dell’incontro “Spalle al muro sui diritti civili: quando l’attivismo civico supera l’inerzia delle istituzioni”.

Una domanda a cui nessuno ha saputo rispondere. Nei libri di storia, le figure di donne non accostate donne a streghe sono le regine del passato come Caterina de’ Medici ed Elisabetta Tudor o ragazze contemporanee come Malala Yousafzai, la più giovane Premio Nobel per la Pace. Su donne rivoluzionarie come Olympe de Gouges o Angela Davis nemmeno una parola. “Una bambina che nasce oggi” ha sottolineato D’Elia, “si crede libera e con il passare del tempo pretende di esserlo, cosa che cento anni fa non le sarebbe stato possibile fare: nel Medioevo sarebbe stata messa al rogo come strega solo per un modo diverso di pensarsi, fuori dal riconoscersi solo come uno strumento di riproduzione”.
Il diritto al voto, in Italia, nel 1946; la riforma del diritto di famiglia degli anni ’70, apripista per il diritto all’aborto e la vittoria del Referendum per il divorzio del 1974. Nonostante ciò, le donne vengono ancora viste da molti come un gradino al di sotto dell’uomo: nella lingua comune ad un matrimonio diciamo ancora “Auguri e figli maschi!”, per non parlare dell’impossibilità per una donna sposata di dare il suo cognome ai figli, anche se “al momento della nascita l’unica sicurezza è che sia figlio della madre”, ha sottolineato D’Elia scatenando l’ilarità del pubblico. “Basti pensare che è legalmente possibile riconoscere i figli nati al di fuori del matrimonio come parte del nucleo familiare a tutti gli effetti solo dal 2015, e che prima si arrivava anche al femminicidio pur di non legittimare i figli della partner. Ora le donne possono tenere il loro cognome, o aggiungerlo a quello del marito, dopo il matrimonio, mentre prima il matrimonio stesso era visto come poco più di uno spostamento di “moto a luogo.”

Quante donne ci sono ancora che hanno paura della propria sessualità, e la vedono come un fardello? Quante donne, ragazze, bambine, hanno paura di girare per strada di notte? Quante non si fidano a farlo nemmeno di giorno? Non si tratta di femminismo, ma di sopravvivenza e di diritti umani di base: la partecipazione delle donne alla vita sociale e politica ha cambiato la storia e l’organizzazione delle civiltà più volte di quanto ci sarà mai lecito sapere. Eppure, per quante siano state, non sono abbastanza. Il futuro è ancora nelle nostre mani.

Vera Lazzaro