Il futuro è bio.

«In Europa ci sono 150 milioni di ettari di terreno coltivato. Il 3% sono vigne. Su questo 3% si registra il 15% del totale dei pesticidi utilizzati: è interesse di tutti che viticultura diventi tutta bio». Al Festival della Partecipazione il bio incontra il covenzionale
«Tra cinque anni l’Italia vinicola sarà tutta biologica. L’alternativa è rimanere fuori dal mercato». Ecco la previsione, forse un po’ azzardata, ma che di sicuro tradisce tutta la cocciuta speranza di Angiolino Maule, contadino, vigneron e fondatore di Vinnatur, associazione che riunisce oltre 150 produttori di vini naturali in sette paesi.La formula è facilissima da dirsi, ma difficilissima da farsi: niente chimica in vigna, zero manipolazioni in cantina, il vigneron che aderisce a questa associazione non ha molte munizioni a sue disposizione. «Vinnatur è stata fondata proprio per mettere insieme le varie esperienze e conoscenze, considerate le difficili sfide che attendono chi decide di lavorare senza aiutini e secondo natura. In questo modo ognuno si può arricchire del lavoro degli altri. Rispetto a chi fa vino in modo convenzionale partiamo svantaggiati, gli unici strumenti che abbiamo e vogliamo avere a disposizione sono pulizia, ossigeno e temperatura. È evidente che combattiamo una battaglia ad armi impari». Un messaggio piuttosto chiaro che Maule ha voluto ribadire al Festival della Partecipazione quando ha incontrato Valentino Sciotti, titolare di Farnese Vini, in un appuntamento che ha mantenuto le promesse e coinvolto una platea davvero attenta e curiosa.

Farnese-Vini

Mentre Maule raduna 150 produttori per 3 milioni e mezzo di bottiglie, Sciotti rappresenta sette aziende in 5 regioni del sud d’Italia per 18 milioni di bottiglie l’anno, di cui 13 milioni partono all’estero. Sì decisamente un altro mondo.
Maule non le manda a dire e arriva subito al punto:«In Europa ci sono 150 milioni di ettari di terreno coltivato. Il 3% sono vigne. Su questo 3% si registra il 15% del totale dei pesticidi utilizzati: è interesse di tutti che viticultura diventi tutta bio». E in effetti Sciotti conferma: «Ovviamente apprezzo moltissimo la filosofia del biologico, ma non ha senso fare bio se il mio vicino segue altre strade».

Vinnatur

Lo sappiamo tutti, uno dei motivi per cui le piante si ammalano è perché il suolo si è indebolito, impoverito. Per questo l’agricoltore attento dovrebbe cercare di ripristinare forza ed equilibri, rendere il suolo ricco e forte: «Purtroppo però si lavora per curare non per prevenire: oggi chi esce da enologia sa tutto di come si combatte un insetto, ma non sa come prevenirlo», osserva Maule. «Noi cerchiamo di valorizzare il lavoro dei contadini, di fare gruppo. Abbiamo 15 enologi in cantina, che lavorano nel pieno rispetto della materia prima e garantiscono un prodotto che piaccia ai consumatori in ogni angolo della terra», replica Sciotti. Già, il gusto dei consumatori, ma i vini naturali piacciono?: «Non posso negare che inizialmente i nostri vini erano estremi, ci sono voluti 10 anni per riuscire a fare vini equilibrati. Ma ora riusciamo a garantire vini eccellenti anche dal punto di vista organolettico. Ora stiamo lavorando a un disciplinare per i nostri associati, uno strumento che renda più semplice il loro lavoro. Verrà votato il 15 luglio a Scandicci. Ma non sarà un punto di arrivo, piuttosto di partenza. Quello che vogliamo raggiungere è un’unità di misura che consenta un’analisi analitica facilmente dimostrabile». E in chiusura Sciotti ammette: «Vorrei che la regione Abruzzo fosse tutta convertita al biologico, sarebbe un messaggio forte, anche per il turismo», propone Sciotti. Bene, pare che strade si stiano per congiungere e che la meta comune sia il pieno rispetto della natura e la fine di un tipo di agricoltura che sposa la filosofia del qui e ora, che impoverisce i terreni, inquina suolo e acqua. E forse anche lo spirito.

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